Storia della LUIGI FRANCHI ARMI, dalle origini alla chiusura

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Storia della LUIGI FRANCHI ARMI, dalle origini alla chiusura

Messaggioda Vagante » 16 ott 2022, 20:26

Da tempo mi sono dedicato alla raccolta di notizie ed articoli su questo marchio storico, vi ho aggiunto alcune delle mie personali conoscenze, ed è uscito un modesto testo, con l’intenzione di fare chiarezza sulla vera Franchi quella appartenuta a Luigi Franchi ed ai suoi eredi, testo rivolto sopra tutto ai giovani dato che oggi a distanza di quarant’anni, su quello che è stato un marchio storico per l'archibugeria italiana, c’è una evidente confusione con la Franchi di oggi. Una testimonianza che mancava al nostro forum e che arrivato a conclusione ben volentieri seguitamente pubblico.

Tralasciando i trascorsi della famiglia nel campo siderurgico e bellico (dal 1868), la Luigi Franchi fabbrica d’armi comincia nel 1901, allora Luigi Francesco Franchi si associa a Ferdinando Colturi per acquisire una piccola attività già presente nel settore. Dopo sei anni, il 7 marzo del 1907 resta il solo Luigi a esercitare l’attività di fabbrica e commercio di fucili da caccia, mentre Colturi uscendo dalla società con Franchi, ne fonda un’altra con Pietro Lorenzotti anche lui apprezzato produttore di armi da caccia.
Luigi Franchi quindi, continua da solo il cammino verso lo sviluppo industriale. La società porta il suo nome con la dicitura “fabbrica d’armi da caccia e difesa”, commercializza anche altri articoli ed accessori per caccia.
Lo stabilimento meccanico e l’amministrazione sono a Brescia in viale Giuoco del pallone, successivamente via Calatafimi al N° 17. In una delle prime etichette vanta già “onorificenze e premi alle esposizioni di Milano, Londra e Firenze”. Luigi si trova a disposizione una base abbastanza solida per poter rilevare, nel 1911, una parte della F.B.A. (Fabbrica Bresciana d’Armi), compreso il prestigioso negozio di Brescia. All’epoca commercializza armi per caccia, doppiette a cani esterni giudicate di livello non finissimo, che però già si distinguono per la foratura molto accurata delle canne, un “pallino” fisso nell’idea dei Franchi che distinguerà tutta la produzione fino al 1976.
Il 31 dicembre 1927 la ditta Luigi Franchi passa da individuale a società anonima con l’inserimento di alcuni soci, la direzione rimarrà comunque sempre nelle mani della famiglia.
Intorno al 1920 inizia una collaborazione con Enrico Desenzani, tecnico che da inizio Novecento ha già lavorato per la Metallurgica Tempini ed altre aziende bresciane del settore metallurgico e officine locali che eseguono riparazioni sui fucili nazionali ed esteri. La collaborazione con Desenzani permette di produrre da subito alcune doppiette con acciarini laterali che hanno struttura meccanica, linea e incisioni che si ispirano inizialmente alle doppiette della tradizione romagnola e alle doppiette di scuola belga. Desenzani oltre che a collaborare con Franchi apre un proprio laboratorio nel 1926 a Brescia, non lontano da Franchi, ora nota e raffinata armeria.
L’azienda di Luigi Franchi si ingrandisce progressivamente. Lui abita in via Nicolò Tommaseo a Brescia, la casa di famiglia è all’epoca villa Badia in via Cucca 10 a Brescia, venduta negli anni Ottanta dello scorso secolo e oggi adibita a ricevimenti.
Il 15 maggio del 1935 presidente del consiglio d’amministrazione della società è il commendator Attilio Franchi, consiglieri d’amministrazione sono i cavalieri del lavoro Emilio e Franco, poi l’altro fratello Luigi Franco, figlio di Camillo e Mario Attilio, figlio di Franco. Nel 1939 presidente è Franco e consigliere delegato Luigi. Il 6 giugno del 1940 entrano in società le giovani generazioni sono Mario Attilio, Luigi, Gaetano e Fausto, tutti figli di Franco. Franchi partecipa allo sforzo bellico producendo baionette di secondo tipo e di terzo tipo (fisso) per il fucile ’91, poi anche le azioni del ‘91 e parti della pistola mitragliatrice Tz 45. Arriva a occupare 200 persone, l’80% delle quali donne.
Luigi Franchi scompare a marzo del 1942 e, il 28 marzo, l’assemblea degli azionisti nomina in sostituzione il consigliere Fausto Zani. La denuncia alla Camera di commercio è depositata dal consigliere delegato, il ragionier Luigi Franchi, nato il 28 di agosto del 1909. Alla guida della società che è già definita “per azioni”, ma resta “anonima”, nel maggio del 1943 c’è il vecchio cavalier Franco e consiglieri sono i suoi figli Luigi, Mario e Fausto. Mario è nato il 19 marzo del 1908. Nel 1945 la Società anonima Luigi Franchi occupa 80 operai. Affronta, poi, le difficoltà comuni a tutte le aziende che devono tornare alla produzione civile in un Paese che è prostrato dalla guerra e dalla ricostruzione. Viene ridotto, per quanto possibile, il numero delle maestranze, si riconverte la produzione e si torna del tutto ai fucili. I sindacati sono sul piede di guerra, le banche intervengono con prestiti ponte.
A quanto viene tramandato, molte delle decisioni strategiche vengono prese dal direttore generale, ingegner Giuseppe Bresciani. Cui va ascritto il merito, condiviso con la famiglia, di cercare le prime aperture verso l’esportazione.
Il 30 giugno 1966 la Luigi Franchi S.p.A. inaugura il nuovo stabilimento alle Fornaci di Brescia, mantenendo la sede sociale in via Calatafimi 17. È un moderno capannone di circa 15 mila metri quadrati. Franchi ha 550 dipendenti e fabbrica 50 mila fucili all’anno dei quali un terzo esportato in tutto il mondo. Produce fucili da caccia automatici a 5 colpi, calibro 12 e calibro 20; fucili da caccia tipo fine e di lusso con canne giustapposte e sovrapposte e, in genere, fucili sportivi. In più ha un reparto per la produzione di pezzi sinterizzati in metallo ceramica per autovetture ed elettrodomestici. L’azienda di via del Serpente quasi non conosce concorrenza: gli slogan di quegli anni sono: “Franchi spara prima”. In una pubblicità degli anni Settanta, poi, compare il confronto tra un cacciatore giovane e un adulto: “Il primo fucile non conta, ma il secondo è un Franchi”. Nel 1968 la Franchi compie 100 anni che intende solennizzare al massimo: nasce un logo con l’archibugiere tra due rami d’alloro, con la scritta “100th anniversary”.
Nel luglio 1969, presidente della società è ancora Luigi Franchi, nel frattempo nominato commendatore con il fratello, consiglieri delegati sono appunto Mario e Francesco Sini. Nel consiglio d’amministrazione siedono anche l’altro fratello Gaetano, Giampiero Beccaria, Giuseppe Bresciani e Giuseppe Tassara.
Nell’anno successivo lo statuto sociale include anche la produzione, la lavorazione e il commercio dei prodotti a base di materie plastiche sintetiche e il capitale viene aumentato da 200 a 600 milioni.
di lire.
Mario Franchi, anima tecnica della Luigi Franchi, scompare il 26 ottobre 1974 e si tratta del secondo, duro colpo per l’azienda, chi lo sostituirà infatti propenderà per un calo qualitativo che si rivelerà non gradito al mercato. Nel maggio dell’anno successivo si rinnovano le cariche societarie: il consiglio d’amministrazione è composto da Luigi Franchi, che è anche presidente, e dal fratello Gaetano nonché dal figlio di questo, Franco.
Alla fine degli anni Settanta cambia il clima nel Paese e inizia a diffondersi un movimento ostile alla pratica venatoria. È l’inizio della lunga stagione dei referendum contro la caccia. Alla fine del 1977 è emanata la nuova legge nazionale che, tra le altre cose, limita l’uso delle armi semiautomatiche a un massimo di 3 colpi, anziché 5. Il contraccolpo è fortissimo l’AL 48 che è l’arma da caccia più venduta in Italia perde di colpo 2/3 della richiesta (anche BENELLI ne risente con una profonda crisi che porterà la BENELLI stessa ad entrare nel gruppo Beretta).
Nel 1977 lo stabilimento di via del Serpente e il complesso di via Calatafimi 17, occupano 800 dipendenti, ma il calo degli utili indirizza la famiglia a cedere e così nel febbraio del 1978 anche Franchi viene ceduta a una cordata di cui fanno parte Marco Franchi che rappresenta il tentativo di mantenere l’azienda ancora legata alla famiglia (anche se del “ramo metallurgico”), l’imprenditore bresciano Francesco Passerini Glazel e Berardi, azienda bresciana che produce macchine utensili.
Angelo Prati diventa direttore generale dal 31 ottobre 1981, e lo sarà per oltre un lustro. Il 27 gennaio 1982 i risultati economici e le scelte aziendali portano alla dimissione del presidente Luigi Franchi, del vicepresidente Marco Franchi e dei consiglieri Guido Mantellini, Prati e Passerini Glazel. Sarà Aymo Berardi a sostituisce Luigi Franchi come presidente del consiglio d’amministrazione il 24 agosto 1982. Luigi si dimette anche dalla carica di consigliere nel dicembre dello stesso anno.
Dopo 114 anni la famiglia Franchi esce mestamente di scena.
Agli inizi del 1984 il capitale sociale è di 3 miliardi, qualche mese dopo, il ripianamento delle perdite impone la riduzione del capitale sociale a 1 miliardo.

Se il salvataggio dell’azienda appare difficile, l’innovazione e la produzione, tuttavia, non conoscono sosta. Grazie alla competenza maturata sullo Spas 12, arma datata 1979 di impostazione militare che rivoluziona il mondo delle armi ad anima liscia per impieghi speciali, nel 1980 nasce il semiautomatico Progetto 80. “Pg” significa anche “presa di gas” e il nuovo semiautomatico lavora appunto grazie a un sistema di recupero dei gas prodotti dalla deflagrazione della cartuccia. All’ufficio ricerca e sviluppo ci sono Roberto Mostura, con Piero Torosani alle esperienze. In questi anni il “kit” del semiautomatico Franchi a recupero di gas con rampone oscillante di chiusura viene esportato anche in Turchia, è sfruttato ampiamente da Sarsilmaz e poi da altri. Ancora oggi rappresenta il sistema più usato dai numerosi semiautomatici prodotti da quel Paese. Nel 1983 la Luigi Franchi stabilisce una prima jointventure con Socimi che vuole entrare nel mercato delle armi militari per produrre la submachine gun Socimi Type 821. Berardi non è capace di dare valore aggiunto all’azienda e non “resiste” nemmeno un decennio. Nel febbraio del 1987 rivende Franchi al gruppo Socimi. Con Socimi si sviluppa molto il settore militare, senza però ottenere grandi commesse, né in Italia né all’estero. L’azienda continua a innovare. Addirittura introduce, nel 1989, presentandolo al salone bresciano Exa del 1990, Asso, il suo primo semiautomatico “cinetico”, cioè inerziale, con otturatore a testina rotante (mutuata da quella dello Spas) a quattro alette. Le sorti di Franchi, che occupa 241 dipendenti di cui 59 in cassa integrazione, sono irrimediabilmente legate a quelle di Socimi, che fallisce implicata anche nello scandalo “Mani pulite”, finirà con la bancarotta nel 1994. In precedenza e cioè il 19 agosto 1992, un decreto del ministero dell’industria del Commercio e dell’Artigianato, assoggetta la Luigi Franchi S.p.A. alla procedura di amministrazione straordinaria, cosa che bene o male obbligherà i futuri acquirenti a proseguire l’attività.
Acquistata da Beretta, poi a Urbino
Occorrono altri tre anni perché quello che rimane della gloriosa azienda sia acquistato dal gruppo Beretta, succederà dopo una breve contesa con la statunitense Remington in una battaglia legale per circa 17 miliardi di lire di cui non è dato saperne dettagli e motivazioni, personalmente avrei preferito una proprietà Remington nel segno della continuità di una sana rivalità commerciale con prodotti di pari livello.
La nuova proprietà inizialmente da continuità alla produzione in atto, entrano in produzione la serie dei semiautomatici “a presa gas” che fa capo al 610. Il 1996 si chiude rispettando il budget con un sostanziale pareggio. Vengono venduti tutti i fucili prodotti, circa 30 mila a metà tra sovrapposti e semiautomatici, e completato il riassetto della linea canne e dei trattamenti superficiali, iniziato l’ammodernamento della linea delle meccaniche. Ci si aspetta il completamento della ristrutturazione in tre anni.
Luigi “Gino” Franchi scompare nel 1997, nello stesso anno l’azienda vara l’intercambiabilità totale dei gruppi canna sui sovrapposti Alcione e Falconet (modelli 97.12), nascono i semiauto 612 e 620 Vs con otturatore rotante e sistema Variopress. All’ufficio tecnico ci sono il progettista Dario Plebani, che proviene da Fabarm e il giovane ingegnere Fausto Caravaggi. I due rivedono l’intera produzione. Sembra andare bene, ma non decolla, manca la promozione, soprattutto all’estero, la presenza nelle grandi fiere internazionali, manca un abbinamento con il mondo del tiro.
Nell’ultimo decennio c’è poi un depauperamento totale, di maestranze e di linee di comando. Tutto deve ripartire da zero, perché è andata persa la memoria storica, sono andate perse quelle procedure di lavorazione che sono patrimonio esclusivo dei singoli operai, i quali poi hanno lasciato l’azienda. A fine anni Novanta Franchi viene affidata all’amministratore delegato Gino Priora, uomo pragmatico, che proviene dall’industrializzatissima e moderna Benelli. Priora introduce le nuove tecnologie e procede verso prodotti progettati e documentati, attraverso il necessario attrezzamento dei macchinari a controllo numerico, da parte della manodopera addestrata e specializzata. Il controllo del processo e la programmazione devono andare avanti di pari passo. Le sinergie di gruppo prevedono che Franchi produca anche buona parte delle canne Benelli e Beretta. Ancora un tentativo, con la nuova linea di semiautomatici inerziali Inertia, ma poi subentrano altri programmi e strategie in quella che è la globalizzazione con le nuove acquisizioni ed investimenti esteri, così il Gruppo decide diversamente e, il 12 dicembre 2007, realizza una fusione mediante incorporazione con Benelli, Franchi ne diventa una divisione.
Ad oggi non è chiaro che fine abbiano fatto gli archivi e i registri Franchi, nonchè il museo Franchi.
Renato
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