RAGU' BIANCO DI GHIANDAIE

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Moderatori: Ugo Manassei, carlo ioannacci

RAGU' BIANCO DI GHIANDAIE

Messaggioda MILTON » 12 ott 2014, 23:36

Prima della ricetta permettetemi una simpatica storiella tratta dal "Il Trecentonovelle/CLXXXVII"

A messer Dolcibene si dà mangiare una gatta per scherno: p'er vendetta dopo certo tempo elli dà a mangiare sorgi a chi gli dié la gatta.
— * —
Molto fanno ridere queste beffe gli uditori, ma molto piú dilettano quelle, quando il beffatore dal beffato riceve le beffe, come in questa si dimostrerrà.
Messer Dolcibene fu invitato a mangiare una volta dal piovano della Tosa, il quale tenea Santo Stefano in Pane, dicendo ch’egli avea un coniglio in crosta.
E a questo mangiare vi fu el Baccello della Tosa, e alcun altro che sapea il fatto.
E questa si era una gatta, ella fu sí buona che messer Dolcibene ne mangiò piú che niuno.
Come la crosta fu mangiata, e ’l piovano con gli altri cominciano a chiamare: «muscia»; e chi miagolava, come fa la gatta.
Messer Dolcibene, veggendo questo, imbiancò e, come il piú de’ buffoni fanno, e temperossi, dicendo:
- Ell’è stata molto buona -; per non gli fare lieti, e per render loro, come vedesse il bello, pan per cofaccia.
Giammai non gli uscí questo fatto della mente, fin a tanto che venendo la figliatura delli stornelli, de’ quali era molto copioso a un suo podere in Valdimarina, e in quello tempo provvide di pigliare con trappole e con altri ingegni in un suo granaio parecchi sorgi, acciò che gli avesse presti e ordinò con un suo fante che una gabbiata di stornelli gioveni, recasse dopo desinare quando lo vedesse col piovano al Frascato, e paresse gli portasse in mercato a vendere, dicendo con lui: «Per quanto volete voi che io gli dia?»
Conoscea messer Dolcibene la natura del piovano e del Baccello, che come gli vedessono, cosí dicessono: «Tu non ci dài mai mangiare di queste tue uccellagioni», e che gli chiederebbono cena.
E cosí proprio intervenne; che giunto il fante, il piovano piglia la gabbia, e disse non renderlila, se non desse loro cena. Di che messer Dolcibene acconsentí, e fessi dare la gabbia, e andonne a mettere in ordine la cena. E giunto a casa, tolse due pippioni (PIPISTRELLI) e otto sorci, i quali acconciò per fare una crosta, levando i capi, e le gambe, e’ piedi, e le code, arrocchiandogli per mezzo, sí che nella crosta pareano proprii stornelli; e mescolò due pippioni a quarti tra essi, e della carne insalata, e fece fare la crosta; e ’l fante mandò a vendere l’avanzo.
Giunta l’ora della cena, la brigata s’appresentò a casa messer Dolcibene. Come li vide, disse:
- Voi non manicherete istasera se non della gabbiata che toglieste, sí che non sperat’altro.
E cosí di motto in motto se n’andorono a mensa. E venendo la crostata, dice il piovano:
- Aveteci voi messo alcuno pollastro dentro?
E messer Dolcibene disse:
- La colombaia mia non ne fa; io n’ho fatta una crosta di pippioni e stornelli.
Dice il piovano:
- O da che sono li stornelli? elle son bene delle cene vostre.
Dice messer Dolcibene:
- Io ne mangio tutto l’anno, e sono molto buoni.
Dice il Baccello:
- Sí manichereste voi topi, non vi costass’elli.
E cosí vennono a cavare la vivanda della crosta; e ’l primo che assaggiò di quei topistornelli, fu il piovano, e disse:
- E’ son migliori che io non credea.
Messer Dolcibene s’era messo in coda, che non poteano ben vedere il suo mangiare, e toccava spesso il tagliere, ma poco se ne mettea in bocca, se non un poco di carne salata, facendo di pane gran bocconi. Quando la crosta fu mangiata, sanza fare rilievo di topi, venuta l’acqua alle mani, disse messer Dolcibene:
- Fratelli carissimi, io v’ho dato cena istasera, e convennemi cacciare, e non sanza gran fatica, però che ogni ingegno e arte ci misi per spazio d’uno dí e una notte, acciò che voi stessi bene. Ben vorrei che la cacciagione fosse stata di maggiore bestie, come sete voi; ma piacque alla fortuna, che balestra spesso dove si conviene, che furono topi; i quali da lei messi nelle mie mani, parve che io dovesse dire «Non ti ricordi tu della gatta ch’e’ tuo’ amici ti dierono a mangiare? va’, e rendi loro quello che meritano»; e brievemente per suo consiglio feci fare la crosta, dove tutti quelli che mangiasti per stornelli, furono topi. Se vi sono paruti buoni, sonne contento; se non fossono stati buoni, reputatelo alla fortuna ché di buon grano sono stati notricati, tanto che me n’hanno roso parecchie staia.
Come il piovano e gli altri udirono questo, diventorono che parvono interriati, dicendo quasi con boce sbalordita:
- Che di’ tu Dolcibene?
- Dico che furono topi, e la vostra fu gatta: cosí nel mondo spesso si baratta.
- A voi sta; che come dalla gatta a’ topi, uscitemi di casa; e qualunch’ora voi vorrete de’ miei mangiari, io ve gli darò secondo che meriterete.
E se n’andorono scornati, e co’ ventri attopati.

RAGU' BIANCO DI GHIANDAIE

Per 4 persone occorrono 6 ghiandaie
2 cipolle bianche o bionde\ scalogno\ 1 etto pancetta \ una manciatina di funghi secchi.
rosmarino – timo – alloro- 4 chiodi di garofano- una punta di curry- pinoli come se piovesse.
Un pentolino di brodo - vino bianco.
Olio burro pepe sale.

Dopo averle pulite e fiammeggiate per bene (conservandone cuore e fegatelli) si divide in 4 ogni garrula bestiola e le si ammorba pe' 10 minuti in acqua bollente con 1 foglia d'alloro.
Terminato lo tempo si accovacciano i tocchi su tagliere a raffreddar.

Ci si versa un bicchiere di bianco poiché, accanto ai fornelli, il cuoco tende a disidratarsi.

Si prepara un abbondante trito co scalogno e cipolle , rosmarino, timo.
si ammolla i funghi ridotti a tocchetti
Si disossa con cura le simpatiche corvidacee, vi si unisce li fegatelli e si riduce lo tutto in polpa grossolana, mediante coltellaccio.

Siamo all'opera da circa 40 minuti, versiamoci due dita di bianco.
Ce le siamo meritate.
Meglio se le dita son 4.

Orbene … sci … si cerca un padellone bello grande, lo si unge senza parsimonia d'olio d'oliva e lo si mette al fuoco medio vivace (tipo s.4 o sipe) e vi si spezzetta dentro la panscet .. pancetta arrocchiandola per benino.
Quando dorata sarà … la polpa di corvide accoglierà.
Ed insieme, co' 2 noci di burro, croccheranno a fuoco vivo per 10 minuti.
Se arsura sul fondo appare usare il vino a cicchetti.
Uno pe le ghiandaie ed uno pe l'uccellante.
Sicchè non sfuma.
E finalmente … cosa?
… mmmh … ah! Si aggiunge il tritarello e li chiodi (di garofano) e curry e pepe ed i pinoli rubati alla moglie cosonopiùbuoni.Hic!
Mi scira un po' la tesca.
Meglio un siorscetto. Vaggiùcosìbene...
Xi abbascia la fiamma e ci butti li funghi ed il brodo.

Estrai dal ragù il pentolino che lo conteneva e ci metti il cappello.
Appena la visiera prende fioco … togli il cappello e metti il coperchio.
Te ne spari un goccetto e lo lasci andare pe un'oretta buona.
Girando ogni qual tanto se ce la fai.

Se non ti brucia è ottimo con pappardelle tagliate grosse.
Hic!
MILTON
 
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